Il terzo passo dello yoga è l’āsana o posizione.
“L’āsana è perfetta stabilità del corpo,
costanza dell’intelligenza e buona disposizione dello spirito” – Yoga Sūtra II, 46
Un āsana (posizione yoga) dovrebbe idealmente essere eseguita
con stabilità del corpo e buona diposizione della mente presente nel momento.
Praticando āsana
corpo e mente si tonificano e armonizzano in modo da arrivare a mantenere le
posizioni anche a lungo con corpo stabile e mente centrata e serena.
“La perfezione nell’āsana si raggiunge quando lo
sforzo per eseguirlo diventa senza sforzo e l’essere infinito dentro di noi
viene raggiunto” – Yoga Sūtra
II, 47
Quindi corpo fermo, stabile e allo stesso tempo rilassato
costituiscono lo stato perfetto dell’āsana. Gli asana portano fermezza,
forza, elasticità e salute al corpo ma non solo, le stesse qualità vengono
sviluppate anche nella mente. Anche la mente come il corpo viene allenata e
disciplinata.
Gli āsana devono essere praticati con disciplina, non violenza
nei confronti del nostro corpo (non cercare a tutti i costi di raggiungere una
certa posizione a costo di farci male ma progredire per gradi; non è il
riuscire a stare a testa in giù per dieci minuti al giorno che farà di noi un
buon praticante yoga ma seguire con costanza e dedizione la via dello yoga). È
importante prenderci cura di mente e corpo con gli āsana anche per prepararci ai
passi successivi come la meditazione.
Il quarto passo dello Yoga secondo Patañjali è il Prāṇāyāma.
“Il Prāṇāyāma è la
regolazione del flusso del respiro che entra ed esce con la sospensione. Deve
essere praticato solo dopo che si è raggiunta la perfezione negli āsana” – Yoga
Sūtra II, 49
La parola prāṇa
ha diversi significati: fiato, respirazione, vita, vitalità, vento, energia o
anche forza. Āyāma significa lunghezza, espansione, stiramento o controllo.
Prāṇāyāma quindi significa e stensione e controllo del respiro; è la scienza
del respiro. Questo controllo inizia nell’osservazione del respiro e in
particolare nell’osservare le varie fasi del respiro: inspirazione, pausa a
polmoni pieni, espirazione e pausa a polmoni vuoti.
Secondo Patañjali il praticante yoga non potrà
padroneggiare e beneficiare appieno del Prāṇāyāma se prima non avrà acquisito
dimestichezza con gli āsana.
Le emozioni influiscono sulla qualità del respiro, un
buon controllo del respiro calma la mente, i pensieri e le emozioni. Lo stato
della mente influenza respiro. Se la mente è agitata il respiro diventa più
corto e superficiale; se la mente è tranquilla il respiro diventa più lungo e
profondo. La pratica quotidiana del Prāṇāyāma inverte il processo e che ha un
cambiamento del respiro corrisponde un cambiamento della mente. Il velo che
ricopre la mente viene scostato a poco a poco con il conseguente aumento della
chiarezza. La mente diventa pronta per la meditazione. Il Prāṇāyāma è prima di
tutto consapevolezza del respiro, sono più consapevole di respirare sono
consapevole della mia inspirazione e della mia espirazione e delle pause che
avvengono naturalmente tra le due fasi. Il Prāṇāyāma è quindi utilissimo per
mantenere la mente vigile perché i processi che stiamo osservando sono molto
sottili. Il vero scopo delle varie tecniche e delle diverse lunghezze del
respiro è quello di offrirci modalità diverse per seguire il respiro.
BIBLIOGRAFIA
- “Commento agli Yoga Sūtra di
Patañjali” di B. K. S. Iyengar
- “Teoria e pratica dello yoga”
di B. K. S. Iyengar
Nessun commento:
Posta un commento